Prefazione del Professor Oliviero Diliberto
Per comprendere appieno e adeguatamente presentare questo interessantissimo e sorprendente libro, giova prender le mosse da una data precisa.
Siamo nel 1922. La spedizione archeologica guidata da Howard Carter scopre in Egitto la tomba contenente la mummia del faraone Tutankhamon. L’emozione e la curiosità (non solo intellettuale: si pensi alla leggenda della maledizione che avrebbe prematuramente ucciso i componenti della missione archeologica) sono enormi in tutto il mondo.
Quando, dunque, nel 1924, in un contesto completamente diverso, muore Lenin, capo assoluto e carismatico del comunismo bolscevico, la discussione sul destino delle spoglie del leader prende una piega inaspettata: il gruppo dirigente sovietico, infatti, discute e si divide sul suo mausoleo funebre. Alcuni vorrebbero costruire una vera e propria piramide, sul modello di quelle egizie, altri propendono invece per l’imbalsamazione del corpo: come un faraone, appunto . Prevarrà questa seconda ipotesi, sostenuta da Stalin in persona. Il mausoleo con la mummia di Lenin è ancor oggi al centro della Piazza Rossa a Mosca.
Un apparente paradosso, una presunta colossale contraddizione. La dottrina materialistica sceglie un rito antichissimo – la mummificazione di un corpo umano – carico di simbolismi, di esoterismo, di “vita oltre la morte”. Viene recuperata una tradizione remota nel tempo e nello spazio, perché essa è ritenuta degna di un “novello faraone”. Tornerò sul tema della tradizione e delle tradizioni, centrale in questo volume.
Leggendo, infatti, le biografie dei personaggi qui analizzate si comprende anche la vicenda appena raccontata. Il confine tra razionalità e magia è assai meno netto di quanto si pensi: pensiero scientifico e pratiche esoteriche non sono così disgiunti come si potrebbe pensare.
Un solo esempio ancora. Isaac Newton è passato alla storia come uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi. Matematico e fisico illustre, si interessò anche di astronomia e filosofia. Il suo nome ha quasi valore paradigmatico nella storia della scienza. Ma solo relativamente di recente si sono scoperti altri suoi interessi, che gli eredi – quasi vergognandosene – avevano celato, insieme alle “prove”. Newton, infatti, parallelamente agli studi che gli hanno garantito la fama, coltivava anche diffusamente pratiche alchemiche, delle quali lasciò numerosi scritti autografi. Questi ultimi furono celati per circa due secoli, sino a che uno degli ultimi eredi decise di venderli all’asta negli anni ’30 del secolo scorso. E qui la storia si fa vertiginosa: li acquistò infatti un altro grandissimo scienziato (in questo caso, dell’economia), John Maynard Keynes, il quale ebbe così modo di affermare che Newton non sarebbe stato il primo scienziato dell’età della ragione (antesignano dell’illuminismo, in altre parole), ma “l’ultimo dei maghi”.
Le convinzioni di Newton, d’altro canto, si rifacevano con ragionevole certezza al pitagorismo e al neoplatonismo, tanto che egli avrebbe sostenuto la necessità di condividere il sapere solo tra pochi eletti.
Scienza, ragione, magia, simbolismo, esoterismo. I confini iniziano a sembrare sempre meno rigorosi e netti.
Vi è forse una data che aiuta a comprendere meglio il fenomeno. Nel 1453 cade Bisanzio in mano ai turchi ottomani di Maometto II. Muore in battaglia l’ ultimo imperatore, Costantino XI Paleologo.
E’ la fine di un’intera epoca: l’impero bizantino d’Oriente, continuatore (almeno formalmente) del vecchio impero romano, scompare dopo un millennio circa di storia.
Gli intellettuali bizantini (filosofi, scienziati, letterati, artisti), quando riescono, fuggono in Occidente, soprattutto nella nostra Penisola. Un nome su tutti: Bessarione.
Portano con sé libri e idee. Si verifica così, nella seconda metà del ‘400, un corto circuito fecondissimo tra tre fattori decisivi per la storia del mondo: in primo luogo, erano gli anni del tumultuoso sviluppo della cultura umanistica occidentale, con la riscoperta della cultura classica; in secondo luogo, si stava prodigiosamente affermando e diffondendo la stampa, appena nata in Germania, ma subito trasferitasi a Subiaco e poi a Roma e, di lì, in tutta Italia, Venezia (porta d’Oriente per eccellenza) in testa; infine, dopo la caduta di Bisanzio, arrivavano, sempre nella nostra Penisola, le filosofie e le culture neoplatoniche presenti nel mondo bizantino. Un trionfo di idee e di curiosità intellettuale.
Probabilmente, nasce tutto in quel crogiuolo. E’ quello che Giancarlo Elia Valori, coltissimo autore del libro che avete in mano, chiama “l’inizio del moderno”, riferendosi a Caterina de’ Medici, figlia illustre proprio di quella temperie culturale, cui accederanno personaggi del calibro di Richelieu e Mazzarino.
La ragion di stato e la magia; il ruolo ambiguo dei gesuiti, censori dell’irrazionale, ma al contempo da esso attratti; uomini di governo e di potere e irriducibili ribelli. In questo volume si attraversano secoli di storia e immense latitudini: per capirci, da Cagliostro a Lawrence d’Arabia, da Raimondo di Sangro (l’artefice della stupefacente Cappella del Cristo Velato a Napoli) a Churchill, a Franklin Delano Roosevelt e a Mao Tse Dong (e tanti altri, come ovvio).
In fondo, proprio la Cappella di Raimondo è essa stessa un monumento irripetibile dedicato all’intreccio tra scienza (e ardite sperimentazioni sul corpo umano), filosofia neoplatonica e esasperato simbolismo, ad iniziare da quello dell’antico Egitto dal quale siamo partiti.
Non a caso, ancora una volta, anche nel caso di Raimondo, proprio una scoperta archeologica recente (come fu per la mummia di Tutankhamon in Urss) evocò il fascino dell’antico, della tradizione e delle tradizioni, con i loro simboli, la mistica, i segreti: nel caso dello stesso Raimondo, in pieno Settecento napoletano, una delle molle intellettuali fu la fascinazione e l’emozione per gli scavi delle città sepolte dal Vesuvio, Pompei ed Ercolano.
Antico e moderno che si rincorrono, dunque. Facce della stessa medaglia. Come nell’Illuminismo francese, debitore allo stesso modo di una radicale ricerca della verità razionale ma anche di filoni culturali esoterici evidenti.
E’ in questa dialettica che si può comprendere anche il mondo odierno con le sue contraddizioni. Un solo esempio, credo eloquente. Nella biblioteca personale trovata nel covo di Osama Bin Laden, al momento della sua uccisione, c’erano, tra gli altri, libri sugli Illuminati, organizzazione esoterica segreta sorta – come si sa – poco dopo la metà del ‘700 e, secondo alcune teorie “complottiste”, ancora esistente! Forse ci credeva anche Bin Laden…
Questo libro, colto e ricco di un’infinità di spunti di riflessione e di interesse, evoca in definitiva una vertiginosa avventura intellettuale. Si tratta di una sorta di viaggio tra personaggi e epoche storiche, realtà sociali e culturali, zone del mondo, idee, tutte diverse tra loro, ma tutte, ugualmente, tra loro indissolubilmente intrecciate.
E’ la dimostrazione che siamo tutti, consapevolmente o meno, contaminati dalle culture altre: nessuna cultura può vivere e affermarsi senza un proprio simbolismo, ma ogni simbolo reca con sé le tracce di storie antiche e talvolta antichissime, diverse l’una dall’altra, ma che si rincorrono e sovrappongono: basti pensare all’eredità delle religioni politeiste classiche nel Cristianesimo e nelle sue liturgie o, in campo ben diverso, alle suggestioni “spartachiste” di tanti rivoluzionari otto-novecenteschi.
Sono le tradizioni che non muoiono. Il mito e i miti sono ineluttabilmente parte di noi.
Oliviero Diliberto