Prefazione del Professor Oliviero Diliberto

Pyongyang. Primi giorni di agosto dell’ormai remoto 1994. Esattamente trent’anni fa.

Kim il Sung è appena scomparso. Era il padre della patria nord coreana, fondatore dello Stato, ideatore della particolarissima ideologia della Juchè: un marxismo-leninismo peculiare, intrecciato indissolubilmente all’anelito di indipendenza della Repubblica Democratica di Corea (appunto la Corea del Nord). Ancora – a distanza di 70 anni dalla sanguinosissima guerra tra nord e sud (1950~1953) – non è mai stato firmato un trattato di pace. Resiste l’armistizio di allora.

Nel 1994, la Corea del Nord non era uno Stato riconosciuto dalla Repubblica italiana.

Impenetrabile. Inaccessibile. Sconosciuto in larghissima parte al mondo intero.

Un Paese straniante a tutti gli effetti.

Sbarcai, dunque, a Pyongyang in quei primi giorni dell’agosto del ‘94. Un viaggio, allora, davvero assai complicato. Tra scali e durata dei voli, 26 ore.

Kim Jong Il, figlio del fondatore della Repubblica, non era ancora stato eletto segretario generale del partito e capo di stato.

Io ero direttore, in quegli anni, del quotidiano Liberazione, organo del Partito della Rifondazione Comunista.

Ufficialmente, ero stato invitato in Corea per una vacanza 15 giorni. Ci stavamo “conoscendo “.

L’accoglienza era stata, ovviamente, strepitosa. Così, appena arrivati, piuttosto stremati, io e mia moglie Gabriella, portammo subito i fiori al mausoleo di Kim Il Sung, appena scomparso (il Paese era in lutto strettissimo). Poi, a seguire, si tenne la cena ufficiale di benvenuto.

Cena sontuosa, squisita cortesia e, al termine, secondo protocollo, il brindisi ufficiale.

Si brindò, come d’uso, all’amicizia tra i nostri due popoli e, con mia sorpresa, si levarono i calici – da parte nordcoreana – al Prof. Giancarlo Elia Valori. A me, allora, ignoto.

L’indomani, chiesi chi fosse alla nostra guida, un dirigente del partito nordcoreano, che mi spiegò che Valori era il più grande amico della Corea del Nord.

Dall’altra parte del mondo, in un luogo sostanzialmente inaccessibile, un italiano era ritenuto meritevole del brindisi d’onore in una cena ufficiale.

Altro flash.

Madrid, 23 febbraio 1981. Il colonnello Tejero faceva irruzione nel Parlamento spagnolo con un manipolo di militari della Guardia Civil durante la votazione del nuovo governo spagnolo. L’obiettivo, come noto, era quello di rovesciare la giovane democrazia iberica, nella erronea convinzione che essa fosse ancora fragile (e che il re avrebbe appoggiato il golpe).

Si sa che il colpo di stato rapidamente fallì. Ma non è questa la storia che ora ci interessa.

La circostanza che interessa – finalizzata esclusivamente alla presentazione, per quanto umanamente possibile, dell’autore di questo libro – è la scena iniziale della vicenda: l’irruzione, appunto, di Tejero nell’aula del Parlamento.

Il colonnello traditore esplode alcuni colpi di pistola per intimidire i deputati. Tutti – quasi tutti – si buttano a terra, temendo per la propria vita.

Due soli parlamentari restano in piedi, sfidando i golpisti: Adolfo Suarez e Santiago Carrillo.

Il primo era stato il principale protagonista del percorso di transizione dal franchismo alla democrazia, guidando i primi governi spagnoli dopo Franco. Il secondo era il segretario generale del Partito Comunista Spagnolo.

Due uomini soli in piedi, di fronte ai golpisti. Immortalati da una telecamera televisiva (la TVE) che riuscì a documentare tutti i drammatici eventi, poi fissati per sempre in un libro straordinario (Anatomia di un istante, di Javier Cercas, del 2009).

Il lettore, a questo punto, infastidito, potrebbe legittimamente chiedersi: tutto ciò che c’entra?

C’entra eccome. Santiago Carrillo, al termine di un lunghissimo esilio, era tornato in Spagna, dopo che il Partito Comunista era diventato legale, favorendo così la normale transizione al sistema democratico dei partiti. Tutto ciò era stato reso possibile, grazie ad un segretissimo incontro – appunto – tra i due unici spavaldi avversari di Tejero, svoltosi presso l’Ambasciata rumena a Parigi. L’incontro, su richiesta spagnola, era stato organizzato da Giancarlo Elia Valori che aveva mediato con Ceausescu per consentire che si svolgesse proprio nell’Ambasciata rumena.

Ultimo flash.

Iran, 1985. Estremisti islamici rapiscono tre militari francesi. I ripetuti tentativi di rilascio da parte della diplomazia ufficiale falliscono. Il governo francese, così, chiede a Valori di intervenire. Nel 1988, dunque, il Nostro si rivolge proprio al già ricordato Kim Il Sung, affinché agevolasse la liberazione degli ostaggi mediando con le autorità religiose di Teheran. La mediazione funziona e gli ostaggi furono liberati.

Giancarlo Elia Valori riceverà dal presidente Mitterand la legion d’onore, ma anche un riconoscimento praticamente unico: Honorable de France. Titolo – va sottolineato – riservato sino a quel momento ad un solo altro italiano, il cardinale Mazzarino (1602-1661)!

La vita e le gesta di Valori andrebbero raccontate in un libro apposito. Ne ho ricordato solo tre episodi, significativi, certo, ma altrettanto certamente non esaustivi.

Si potrebbero ricordare i suoi rapporti intensissimi con Israele, Paese nel quale è titolare di una cattedra universitaria. Amico di parte fondamentale dell’establishment degli Stati Uniti d’America (Kissinger in testa), è altresì eccellente amico della Repubblica Popolare Cinese: anche in questo con la titolarità di una cattedra presso la prestigiosissima Peking University. Così come sono leggendari i suoi rapporti con l’Argentina e con Peron. Andrebbe sottolineata anche la sua naturale propensione a superare le divisioni della guerra fredda – in decenni tutt’altro che semplici – come nel caso dell’URSS e della già ricordata Romania. Più di recente, circostanza di cui sono stato testimone di diretto, fu determinante il ruolo di Valori nella normalizzazione delle relazioni con il VietNam.

L’Autore di questo libro ha ricoperto cariche tra le più prestigiose negli Enti partecipati dallo Stato, favorito alcune tra le privatizzazioni più lucrative della storia recente d’Italia, ha presieduto nei decenni industrie nazionali ed internazionali, centri studi, fondazioni.

Ho personalmente conosciuto, avendo l’onore di frequentare da quasi trent’anni la sua casa, Capi di Stato, ministri, ambasciatori, intellettuali (soprattutto giuristi ed economisti, naturalmente) tra i più autorevoli.

Non si contano le lauree honoris causa conseguite in ogni parte del mondo (lui, libero docente dell’Università italiana a soli 24 anni), i riconoscimenti internazionali, le targhe, i doni ufficiali per le sue imprese. A questo proposito, vanno sottolineati anche i titoli prestigiosi ricoperti da Valori in Vaticano.

La galleria di fotografie (che da sola giustificherebbe un volume a parte) lo ritrae in Cina con l’esercito schierato (le mitiche guardie rosse), durante la rivoluzione culturale, come a Washington e a Parigi e in ogni parte del mondo. Ma l’elenco è interminabile.

E i suoi libri, come questo che leggerete, sono molteplici, incessanti, tutti di contenuto innovativo e profondo.

Una vita densissima, illuminata dall’insegnamento della madre Emilia, medaglia d’oro al valor civile, che durante la repubblica di Salò e le atrocità nazifasciste in nord Italia, salvò – con gravissimi rischi – decine di ebrei dalla deportazione.

Non è quindi un caso che Valori possa scrivere magistralmente di Scenari geopolitici globali, tema multiforme che ha più volte affrontato negli ultimi anni e negli ultimi suoi lavori.

Mi sia consentita un’ultima considerazione. L’incessante attività internazionale di Valori ha sempre mirato a costruire ponti e abbattere muri o steccati: tra gli Stati, i popoli, i diversi sistemi politici, le religioni.

Il dialogo, la cooperazione, l’amicizia e il rispetto reciproco hanno rappresentato sempre le sue bussole.

Quella che amo definire la “diplomazia parallela” si può permettere di prescindere dai vincoli ufficiali degli Stati, per mirare al conseguimento degli obiettivi (ho ricordato alcuni episodi tra i moltissimi di cui è stato protagonista Valori), lavorando silenziosamente ma fattivamente, utilizzando le relazioni tra le persone (e la relativa fiducia tra loro): in una parola, andando al cuore dei problemi e trovando le soluzioni per risolverli. Quando leggerete questo libro, dunque, ad ogni pagina, ad ogni considerazione, ad ogni idea che troverete, ricordatevi che tutto nasce certamente dalla sapienza dell’Autore, ma è frutto anche di una intera vita, nella quale gli scenari geopolitici globali non sono stati semplicemente oggetto di studi: di essi, Valori è stato indiscusso protagonista.