Nota dell’editore

Se studiamo l’insieme dei numerosi e attualissimi interventi di Valori, osserviamo che ci sono delle costanti concettuali.
Quali? In primo luogo la fine della prima ondata della globalizzazione.
Ora stanno ritornando alla luce gli interessi nazionali, le scelte politiche di tipo regionale, le autonomie culturali e, quindi, anche economiche e organizzative.
La globalizzazione ovvero americanizzazione che ha seguito la caduta dell’URSS è cessata, ognuno farà per sé e si ricostruiranno aree omogenee, nuovi progetti strategici, nuovi punti di comando globale.
Inoltre, le crisi politiche inglesi, nordamericane, italiane, mediorientali, britanniche, mostrano chiaramente che l’imposizione a tutti gli Stati e a tutte le popolazioni della stessa pillola globalista non funziona, la gente e le stesse élites non la vogliono né la digeriscono più.
Si pensi a quello che afferma proprio Giancarlo Elia Valori sulla crisi dell’Unione Europea: per l’Autore infatti la crisi della UE è assolutamente irreversibile, perché nasce dalla costituzione di una moneta unica troppo «alta», la cui concorrenza di fatto con il dollaro Usa è stata suicida ed ha portato le economie dell’Unione ad una crisi che appare irreversibile anch’essa.
Ma perché, poi, avere una moneta unica? La sopravvalutazione dell’Euro con il Dollaro avrebbe comunque bloccato l’evoluzione delle nostre economie europee, tutte impostate sull’esportazione.
Ecco, perché creare quelli che Wittgenstein chiamava «Superordini di superconcetti», impraticabili, irrealizzabili e poi, se eventualmente costruiti, distruttori di ogni ordine più piccolo, controllabile e comprensibile?
Certo, per Valori la globalizzazione ha una sua storia ed un suo significato specifico.
Si tratta del «Nuovo Ordine)) che si instaura, lo abbiamo visto, dopo il crollo dell’URSS e la globale unipolarità degli USA.
Ma è in sé instabile e pericoloso: l’URSS è caduta ma il suo crollo è soprattutto il risultato di una lotta interna tra il Servizio e il Partito, e il KGB-FSB risorge dopo una lotta interna che ha fine con la morte di El’cin.
Putin sale al potere perché può rivelare, da capo del FSB, tutte le ruberie del nuovo regime «democratico)) e del clan fa­ milistico di El’cin, poi della stessa frazionatissima e usuraria classe politica russa.
Ecco, se per Valori c’è un leader globale, oggi, è Vladimir Vladimirovic Putin.
Altra costante concettuale del nostro Autore: la crisi strutturale dell’Occidente e la ricostruzione del potenziale globale ad Est, tra Russia e Cina.
Ma l’altro Paese di riferimento è Israele. Lo stato ebraico è l’unico capace, lo ripete spesso Valori, di evitare il condizionamento arabo e islamista di tutto il nostro Mediterraneo, altro polo strategico del futuro.
Lo stato di Israele è, per il nostro Autore, l’asse per control­ lare appunto il Mediterraneo che sarà, alla fine della Belt and Road Initiative cinese, lanciata da Xi Jinping nell’ottobre 2003, il punto di collegamento tra l’Ovest e l’intera Eurasia, tra il Vecchio Mondo e la nuova Eurasia, l’area di massima espansione economica del mondo futuro.
Il Presidente russo poi vuole la multipolarità globale, la fine dell’egemonismo nordamericano, oggi peraltro difficilmente gestibile, oltre creare per Mosca un asse stabile con la Cina, attraverso la creazione di una alleanza geopolitica eurasiatica, alla quale potrebbe partecipare anche la penisola europea.
Ecco un ulteriore fallimento dell’Euro e del suo sostrato geopolitico: una moneta che vuole far concorrenza al dollaro senza le armi, la pressione geopolitica, la forza finanziaria degli USA.
La maestria di Putin come attore geopolitico è stata peraltro dimostrata dalla sua azione in Siria.
Da una parte, molte potenze occidentali che non sanno decidersi se combattere il super-jihad statuale del Daesh-Isis o se abbattere il solito «tiranno» Bashar El Assad, proseguendo in Siria il copione delle «primavere arabe».
Per inciso, in un recente volume, un dirigente della CIA ha rivelato che gli Usa avevano organizzato le «primavere» credendo, beati loro, che la implosione dei regimi autori­ tari nel Maghreb avrebbe distrutto «dal basso» proprio Al Qaeda.
L’attenzione di Valori al conflitto siriano è continua.
Putin infatti entra nel quadrante siriano, secondo il nostro Autore, al fine di creare il massimo effetto politico con il minimo sforzo logistico.
Contrastare quindi la logica di potenza unipolare nordamericana nel piccolo contesto siriano, dove peraltro la Russia ha i suoi unici porti nel Mediterraneo, mettendo in crisi la stessa direzione della guerra degli «altri»: siete contro il Daesh o avversate solo il «non democratico» Bashar el Assad?
Ed è utile addirittura utilizzare il jihad «moderato», splendida invenzione della politica estera di Washington, contro Bashar el Assad, oppure combattere il vero e unico nemico, il Daesh-Isis?
I rapporti di Valori dal quadrante siriano sembrano quasi tipici di un reporter.
È la guerra in Siria che, infatti dimostra l’inanità occidentale, che non vuole certo abbandonare i suoi amici mediorientali sunniti, che finanziano il Daesh-Isis per evitare anche che i nuovi oleodotti in fase di progettazione passino da aree sotto controllo iraniano o comunque sciita.
Putin, con il suo intervento mediorientale, mette in crisi l’Ovest, che fa finta di fare la guerra, e pone la Russia come efficace risolutore di vertenze globali.
Per il nostro Autore, comunque, la soluzione più probabile a tutt’oggi per la Siria è la sua frantumazione, con differenti aree di influenza che, però, permetteranno a quel Paese di ritornare viable, aperto a tutte le influenze dei vicini e soprattutto autonomo anche dall’alleato storico, l’Iran.
Ecco il vero «non detto» freudiano della questione.
Altro elemento che si trova nel testo di Valori è il disprezzo per le vecchie ideologie, declamate ma improvvide e inefficaci.
Si pensi all’umanitarismo oggi così diffuso, che implica questioni che i romantici utopisti non possono però comprendere.
Per esempio, e qui l’Autore è particolarmente preciso, per gli effetti dell’immigrazione dalla Libia, che è un dato puramente geopolitico e non «umano»: depopolare il Paese nordafricano per poi conquistarlo facilmente e far finanziare la nuova egemonia jihadista con i soldi degli occidentali, come al solito ingenui perché, come direbbe Machiavelli, «non si debba mai lasciar seguire un disordine per fuggire una guerra, perché non la si fugge, ma si differisce a tuo disavvantaggio».
Inoltre, Valori, che ben conosce anche Machiavelli, non ha mai accettato l’ormai famoso accordo JCPOA sul nucleare iraniano.
Perché? È molto semplice. Non esiste accordo economico favorevole che possa cancellare l’errore strategico da cui discende.
L’Occidente che, ossessionato dagli «affari», chiude gli occhi sul pericolo politico-militare di tali accordi, morirà senza soldi e senza potere.
Per non parlare del fatto che, nel Pian of Action scritto dai Paesi del5+l (i cinque membri de consiglio di sicurezza dell’O­ NU più la Germania) con l’EU è proprio l’Iran a permettere o meno l’accesso dei membri dell’Agenzia per il controllo delle strutture nucleari, IAEA, ai siti atomici iraniani.
Altro candore occidentale, che rimanda a un potere che non c’é più.

E non si deve dimenticare nemmeno la Brexit, che Valori ha attentamente analizzato sul piano economico e che appoggia sul piano politico.
Fine del tabù europeista, quello che faceva dire a politici italiani incapaci «Ce lo ha detto l’Europa!», come se l’UE non fosse un coacervo di precisi e corposi interessi, in cui alcuni Paesi dominano sempre sugli altri.
Inoltre, e anche questo è da ricordare, i Paesi non sono mai Società per Azioni, ma comunità dove l’identità nazionale (che noi italiani abbiamo quasi completamente perduto) e la tradizione culturale sono molto più sentite e potenti di qualunque quotazione giornaliera della propria moneta.
In nessuna delle tante analisi che Valori compie in questi saggi si trova la mancanza di una percezione geoculturale, storica, perfino psicologica.
Si sente in questi testi la memoria della vecchia e migliore tradizione geopolitica, dell’analisi storico-politica, come diceva Croce.
Valori non è mai uno di quegli analisti che scrivono come se il passato non esistesse o non avesse effetto sul presente, dominato dal mito incapacitante dell’Economia.
Insomma, se vorrete leggere questo indispensabile libro, esso sarà una vera e propria enciclopedia della nostra condizione internazionale, quella condizione dove, secondo Valori, l’Italia conterà sempre di meno.
E quindi noi italiani saremo, nel sistema geopolitico che si
sta preparando, del tutto privi di difese.

Prefazione

Oggi viviamo in un’epoca caratterizzata da grandi muta­ menti socioculturali, politici ed economici di ampia portata, favoriti dall’azione centrifuga e centripeta della globalizzazione. Tutto questo si traduce in un’inestricabile condizione di insta­bilità e di spaesamento, che va dalla politica all’economia, dal terrorismo all’emergenza migranti, dalla finanza al commercio internazionale, dall’ambiente all’energia.
È la fotografia riprodotta in questo libro, attraverso una raccolta di miei articoli, sulle tendenze comportamentali oggi più in voga nei processi di globalizzazione, legati a doppio filo alla società dell’incertezza, sospesa tra rischio e disagio.
Questa analisi non è solo indirizzata ad approfondire i tanti problemi ma a sfatare luoghi comuni e avere una visione più corretta e comprensiva delle sfide e delle eventuali soluzioni.
I valori fondamentali nella visione del mondo sono state le dottrine e la lunga esperienza di testimone cosmopolita, assieme a mia madre Emilia, nei rapporti di sincera amicizia con i grandi personaggi del nostro tempo, alcuni “inavvicinabili” ai comuni mortali, nonché nella conoscenza specifica dei mercati in paesi dell’Asia, dell’Africa, del Mediterraneo e delle Americhe, che rappresentano il frutto più fecondo della mia storia di docente, di letterato, di manager e di uomo d’azienda.
Lo specifico riferimento a mia madre è connesso all’impronta che ha lasciato anche al di fuori dei confini nazionali, sempre sostenuta da quei concetti universali che rendono solida la fratellanza del genere umano. Questo spiega la nobiltà della sua vita, unitamente al senso dell’umana solidarietà, espressa come testimone di libertà, in vari Continenti: a Gerusalemme come a Pechino, a Pyongyang come a Buenos Aires, a Parigi e in molte altre metropoli.